Domenica 9 Ottobre 2011 nella puntata del programma “MISTERO” andata in onda su ITALIA 1, è stato dedicato un servizio sulle “MUMMIE LAICHE” presenti in una cripta sotto la BASILICA CATTEDRALE di ORIA, realizzata nel 1484 come luogo di preghiera e di memoria di tutti coloro che non erano tornati dalla battaglia contro i turchi in Terra d’Otranto (1480-1481), e sulle cui pareti vennero ricavate 22 nicchie per contenere i cadaveri mummificati di confratelli dell'Arciconfraternita della Morte. La conduttrice Jane Alexander cerca di scoprire, tra miti e leggende, cos'era esattamente questa confraternita e quali rituali sconosciuti utilizzava.
Il cadavere da mummificare veniva eviscerato ed aspirata la materia cerebrale dalla narici, al posto degli organi interni veniva messa una miscela di sali disidratanti insieme a calce vergine polverosa, e poi ricucito e calato in una vasca in cui c’erano le stesse sostanze messe all’interno del corpo. Perchè avvenisse la completa disidratazione e disinfezione il cadavere rimaneva in detta vasca per un periodo di tempo (due anni, due anni e mezzo) che variava in base alla corporatura del confratello. Dopodiché, alla presenza obbligatoria di almeno due familiari, il cadavere ormai disidratato, mummificato, veniva ripescato, ripulito, trattato con degli unguenti, ricoperto con la tunica personale e posto in una delle nicchie. Sul pavimento delle cripta sono visibili delle botole che portavano ad un cunicolo di collegamento con la Torre Palomba, chiamata anche “Torre Carnara”, perché fino al XVIII secolo è servita da ossario dell’antico camposanto che occupava Piazza Cattedrale. All’interno della Torre vi erano anche le vasche e gli strumenti chirurgici per la mummificazione. L’ultimo confratello che ha subìto il processo di mummificazione è Michele Italiano, deceduto nel 1858. (fonte Franco Arpa)
Nel video l’estratto del servizio in cui si parla anche della LEGGENDA DI ORIA FUMOSA
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“MISTERO” sulle “MUMMIE LAICHE” di ORIA
“Investitura del Cavaliere” –ed. 2011
Venerdì 5 Agosto 2011, dopo la Benedizione del PALIO 2011, si è tenuta nel Piazzale dell’Istituto Antoniano dei Padri Rogazionisti di ORIA la suggestiva Cerimonia dell’ INVESTITURA DEL CAVALIERE, in cui un giovane deciso ad entrare nel rango dei Cavalieri, riceve i voti e le armi dal feudatario e nobili.
Subito dopo la Compagnia D’Arme MILITES FRIDERICI II, hanno rappresentato una rievocazione storica dal titolo “TOMMASO D’ORIA….L’ultimo Eroe”, in cui si racconta che nell’anno 1254 d. C., Manfredi, figlio di Federico II, cerca di soggiogare i territori che dopo la morte del padre erano insorti contro il potere imperiale. Brindisi, Oria, Mesagne, Lecce, città che fino ad allora giacevano sotto il dominio imperiale, si ribellarono a Manfredi. Ognuna di essa sarebbe stata controllata da un'assemblea di nobili, nella parità dei diritti e senza nessun tiranno al quale obbedire. Nel gruppo di nobili che dovevano guidare la nuova Oria, vi era Tommaso, uomo retto e coraggioso, capo naturale per indole e virtù.
Cadute le altre città ribelli, Oria rimase da sola a resistere alla furia di Manfredi. Tommaso D’Oria organizzò le difese della città in maniera pregevole tanto da resistere a lungo e non cadere mai, proteggendo la propria popolazione e sostenendo il proprio esercito senza poter uscire dalle proprie mura. Oria resistette per due anni, finché un nobile stanco della guerra cedette sotto compensa e aprì le porte del paese. Una volta conquistata la città, Tommaso fu catturato e impiccato ad una delle torri del castello come atto dimostrativo contro eventuali focolai ribelli...
Nel video l’investitura del Cavaliere e l’intera rappresentazione Storica.
VIDEO Edizioni: 2009 2010
“LU PICURIEDDU TI SABBUTU SANTU” su TeleRama
Nel programma “TERRE del SALENTO” andato in onda sull’emittente televisiva TELERAMA il 15 Aprile 2011, è stato dedicato un servizio su “L’AGNELLINO DELL’AMORE NELLA CULTURA POPOLARE ORITANA”.
Con l'approssimarsi della Pasqua, il Donare ovvero procurarsi un agnellino in pasta di mandorla è strettamente connesso alla simbologia a cui esso rimanda: sacrificare l'agnello giovane, privare della vita un animale “innocente”, si è rivestito nel mondo cristiano di significati particolari: l'agnello è considerato espressione di “candore” e quindi di innocenza.
Quando poi il dono avviene tra fidanzati, oltre all'accoglimento simbolico, il gesto si riveste di specifici significati che nella cultura popolare Oritana assurge ad un autentico rituale al fine di avere la prova provata del reciproco assenso delle famiglie al Fidanzamento Ufficiale ed alla promessa di Nozze.
Di quanto radicata sia in Oria la consuetudine di far pervenire da parte della fidanzata alla famiglia del futuro sposo l'agnellino in pasta di mandorla la si riscontra nell'antichissima testimonianza innanzi riportata, rispolverata dal Prof. Pino Malva.
Restituire il giorno di Pasqua alla famiglia della fidanzata unicamente la testolina del dono precedentemente ricevuto, corrisponderà al consenso pieno al matrimonio.
In funzione di ciò, l'antica Pasticceria Carone, nel centro Storico di ORIA, modella artigianalmente in pasta di mandorla anche la testa dell'agnellino, realizzando il tutto completamente a mano, rendendo così unico ogni soggetto.
Nel video servizio trasmesso, anche una scenetta realizzata con la collaborazione di alcuni cittadini Oritani che ne racconta la tradizione, ed infine alcune fasi della realizzazione dell’antica ricetta del dolce, gelosamente custodita dagli attuali proprietari dell’antico BAR CARONE (chiamato anche in dialetto oritano "“lu bar ti li Caruni”, nato nel 1938 ad opera dei fratelli Antimicchio, Elenuccia e ‘Nzina Carone), il Sig. GIOVANNI GRASSI (figlio di Elenuccia Carone-VEDI BIOGRAFIA) e sua figlia ELENA . Di seguito la Poesia de “LU PICURIEDDU TI SABBUTU SANTU”.
Poesia “LU PICURIEDDU TI SABBUTU SANTU”
In dialetto Oritano: | Traduzione in Italiano: |
Sabbutu santu a mezzatìa tutti li uemmini si ritirunu ti fori cu vannu all'ucciaria, ca ci ddimmurunu nu paru t'orisi trovunu alli scuttatori. Mo, pigghiamu ti li femmini ntappati ca vannu cu li mantili nanzi ppuntati; ci li dimmanni ddo nn'a sciri risponnunu: “Mannagghia l'anima ti li fili!”. Mo pigghiamu ti li ggiuvini ziti ca si a ffannu barba e capiddi e si nnessunu comu angiuliddi; a casa, mancu na furcinata e fuci fuci ddò la nnammurata. Quannu arrìunu cretu alla porta l'attani sta ssittatu allu pisulu; comu ciucci si fermunu ti botta e fannu lu rrichiamu allu pizzulu. L'attani fuma la pippa a cannuccia e dici: “Figghia va cuverna quedda ciuccia!” “Ueh tà, va pigghiatala an culu, so tre ore ca sta spetta allu pizzulu!” Lu meurlu, dafffori, fisca; la meurla, 'ntra la stadda, miurlescia. “Uh!. - rusci l'attani – stasera tu vue pruevi la curescia!” “Uè ma, la ciuccia stai cuvirnata; penza tuni, moni, a cuvirnà lu tata! Lu pizzulu sta manteni l’angilieddu, sta spetta cu li tou lu picurieddu!” “Ntò! Vani a cuddu santu putichinu, ca non c'è mancu nu luminu!”. “Vulia anzi na carcagnata, ca cu mi spostu ti 'na pitata!” Vinti passi no l'era fatti e li ziti fora soddisfatti; A 'navutata ti uecchi l'hannu futtutu e lu picurieddu era partutu! “Nto! Torna ti lu putichinu, c'agghiu truvatu lu luminu!” “Sapi ca cazz'an culu m'annu scaffatu! Ma ci campu n'atr'annu ziccu ti lunitia santo e no do' mancu nu scancu!”. | Sabato santo a mezzogiorno tutti gli uomini tornano dalla campagna per andare alla macelleria, perchè se tardano un paio d'ore trovano solo i rimasugli. Parliamo adesso delle massaie indaffarate che girano con grembiule appuntato; se chiedi dove stanno andando, rispondono: “Cosa no si farebbe per i figli!”. Parliamo ora dei giovanotti che si radono barba, si pettinano ed escono (dal barbiere) belli come angeli; a casa, mangiano appena una forchettata per correre dall'innamorata. Quando arrivano vicino alla casa dell'amata, vedono il padre seduto sul sedile, come gli asini si fermano di botto e fischiano, fermi all'angolo della strada. Il padre, fumando la pipia a cannuccia dice:”Figlia vai a dar da mangiare all'asina!”. “Oh, padre, vai a fare a quel paese..., son tre ore che (egli) aspetta all'angolo!” Il merlo, fuori, zirla; la merla, nella stalla, risponde al richiamo. “Uh.. - borbotta il padre – stasera vuoi provare la mia cintura di cuoio” “Madre, l'asina è sistemata, pensa tu, ora a sistemar mio padre!. Il mio angelo sta sostenendo l'angolo, in attesa del mio agnellino!” “Antonio, vai da quel santo tabaccaio che non abbiamo più fiammiferi!”. “Preferirei anzi una pedata che spostarmi da quì e fare un passo!”. Non aveva ancora fatto venti passi, che i giovani furono soddisfatti; in un attimo essi l'hanno gabbato e l'agnellino è stato consegnato. “Antonio, torna che ho trovato i fiammiferi!”. “Chissà che danno mi hanno fatto!. Ma, se vivrò un altro anno, non faccio un passo dal lunedì santo fino a Pasqua!”. |
LA LEGGENDA DI ORIA FUMOSA - Cortometraggio
FABRIZIO MANIGRASSO (vedi quì una biografia), ambizioso giovane regista Oritano, ha realizzato questo Cortometraggio sulla famosa leggenda di ORIA FUMOSA.
Video realizzato in collaborazione con:
-COMUNE DI ORIA
-PRO LOCO ORIA
-Famiglia MARTINI CARISSIMO
-Ragazzi Cooperativa NUOVA IRYA
-Famiglia SOLDI-CORRADO
-Istituto PADRI ROGAZIONISTI ORIA
-ARCICONFRATERNITA DELLA MORTE
-Ass. MILITES FEDERICI II
AVVISO: Nel video sono presenti alcune scene che potrebbero arrecare dello spavento o turbamento ai bambini. Ad essi, si consiglia la visione assieme ad un adulto.
Cenni storici sulla leggenda di "ORIA FUMOSA":
(fonte: comune di oria)
La città, agli occhi di chi giunge dai centri limitrofi, appare spesso avvolta da una leggera nebbiolina che rende il suo paesaggio quasi fiabesco. Intorno a questo fenomeno naturale, si è sempre sbizzarrita la fantasia popolare, dando vita alla leggenda.
Una versione romantica esalta l'eroismo di una fanciulla che si trafisse il seno o si gettò da una delle torri del castello per sfuggire ai desideri del castellano.
Secondo la tradizione popolare, fu una madre disperata - alla quale fu strappata la figlia, immolata per bagnare con il suo sangue (così come avevano consigliato gli oracoli) le mura del castello o della città ed evitare così che crollassero - ad imprecare contro il territorio: "Possa tu fumare Oria, come fuma il mio cuore esasperato", urlò a squarciagola la povera donna.
Nacque così la leggenda che ancora oggi gli anziani ricordano con una struggente nenia: "A Oria fumosa 'ccitera 'nna carosa, tant'era picciredda, ca si la mintera 'mposcia" (Ad Oria fumosa, uccisero una bambina così piccola che potevano metterla in una tasca).
Una leggenda, unita ad un fenomeno atmosferico legato alla posizione della città, che ha contribuito a rendere famosa questa terra in tutto il Mezzogiorno dove l'antica nenia è conosciuta.
Vedi quì altri video del Regista