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Inaugurazione MONUMENTO CADUTI sul LAVORO

Video della Inaugurazione del Monumento Alle Vittime sul Lavoro realizzato da ANTONIO CARAGLI, voluto dalla Famiglia Penta, in memoria di ARMANDO PENTA e di tutte le altre vittime sul Lavoro, venuto a mancare dopo un tragico infortunio sul lavoro il 13 Dicembre 2007, in un cantiere edile a Pisticci (MT)

monumento_lavoro2009



Chi è ANTONIO CARAGLI:
caragli Antonio Caragli, nasce a Oria (Br) il 25 novembre 1968, dove vive ed opera.
Si avvicina alla scultura studiando i grandi del '500 e del '900 italiano. L'uomo e soprattutto lo scultore che con pazienza infinita, si prodiga a dirozzare i diversi materiali, (legno, pietra, argilla, gesso, ferro e bronzo) elevandolo ad opere d'arte facendo emergere alla ratio del suo discorso plastico, l'uomo e il suo vissuto.
Forte di un'autonomia intellettuale già raggiunta, è considerato tra i più significativi artisti di ultima generazione. E presente da oltre quindici anni nel panorama artistico, partecipando a mostre e ad eventi nazionali, riscuotendo notevole successo di pubblico e critica. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private, molte delle quali rivolte al sacro.

(fonte: www.arpa-oria.com)

Quando l'arte nasce dalla sofferenza

(di Vincenzo Sparviero)
Un viaggio onirico, alla ricerca di un equilibrio spesso irraggiungibile e al tempo stesso agognato: impossibile, ma quasi a portata di mano.
La prima opera monumentale di Antonio Caragli nasce da un dramma intimo che coinvolge quasi per caso l'Artista, ma che finisce per trasformarlo nell'ideale interprete di quello che può essere certamente definito un dolore universale.
L'idea centrale è quella del "Lavoro", condizione necessaria per raggiungere qualunque obiettivo professionale ma anche umano. Un «lavoro» che perfino nella tragedia diventa l'esaltazione di uno stato d'animo.
Un'incudine e un martello, metafore dal suono metallico di una vita faticosa e dura che si snoda intorno ad un percorso irto di insidie, ma mai sterile di soddisfazioni e gioie. Attrezzi di un mestiere che può perfino portare alla morte, ma che paradossalmente significano vita. Tra i due elementi, in primo piano, qualcosa di più di una figura umana. In un volto che sembra emergere da una radicata cultura che ha origini antiche c'è la storia millenaria dell'Uomo, che resta ancorato alle sue radici più profonde e che cerca costantemente una nuova verità: anche quando questa si scopre matrigna, più che materna.
Nell'opera di Caragli ci sono i classici, sia pure fusi con una modernità impressionante per il crudo realismo che trasuda da ogni parte del suo lavoro. Bisogna osservare la scultura in ogni suo dettaglio per capire esattamente cosa si celi dietro ogni particolare, anche quello che appare trascurabile.
Lo scarpone di lavoro («conquista» di tante battaglie nel nome di una sicurezza mai garantita) si contrappone al piede nudo e la dice lunga sull'inevitabile dicotomia della vita: sempre orientata verso il bene, ma che è costretta a convivere con le insidie del male. Una vita che si divide costantemente per poi provare a ritrovarsi. Ma in quella diversità scorre anche il tempo, che tutto trasforma senza nulla cambiare.
Quella figura che sembra poggiare sull'incudine è un simbolo che non può lasciare indifferenti, a cominciare dalla posizione. Il suo protendersi in avanti, restando in qualche modo ancorato alle radici, è il segno di una volontà di cambiamento che resta nei sogni più che sconfinare nella realtà. Sogni che appartengono a tutti e che rendono la vita meno difficile, solo quando sono sostenuti dalla speranza di una metamorfosi che pure qualche volta è possibile. Sogni che, talvolta, si interrompono all'improvviso e contro la nostra volontà lasciando un vuoto angosciante nel quale è facile smarrirsi.
Come sembra smarrirsi lo sguardo attonito ma deciso - di chi ha in mano i ferri del mestiere come l'antico gladiatore impugnava la spada. Caragli, con la sua opera, riesce a cogliere una speranza. È tutta nella perfezione di una sfera che è al centro del (suo) mondo, attorno alla quale ruota un universo pronto a vivere di luce propria anche quando tutto intorno è avvolto dalle tenebre. In quella sfera si manifesta un equilibrio interiore basato su esperienze fondanti e assolutamente necessarie nel nostro mondo, in cui non esiste più tradizione e siamo soggetti a continui cambiamenti che non sempre riusciamo a controllare.
Tutto intorno, le mani dell'Artista plasmano la figura umana quasi con sofferenza, facendo emergere particolari che la rendono viva: quasi come si muovesse in un mondo tutto suo, ma che appartiene a tutti. Un'opera d'arte che - nella sua crudezza -ha qualcosa di spirituale che Caragli trasmette partendo da una tragedia per arrivare a una speranza.


1 commenti:

Anonimo ha detto...

giuseppe complimenti per il video e, sopratutto, per la chiusa che hai escogitato! grande ... hai dimenticato il buon Costanino manu muzza che a difesa della chiesa fu posto su piazza cattedrale, senza una mano credo possa difendere ben poco però! ... altro bel monumento è quello davanti al cimitero, se non erro dedicato alle vittime della prima grande guerra! ... oria ingrata!

 

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